Così come ogni materia che si utilizza per realizzare una pizza, reputo che anche la fonte di calore possa essere considerata un ingrediente. Deve esser scelta con cura!
Legna, gas ed elettrico sono le 3 tipologie di forno che ad oggi hanno più convinto per la cottura della pizza. Non essendocene uno che nettamente vince sugli altri, credo sia opportuno valutarli a uno a uno, evidenziando pregi e difetti, per poi scegliere il più idoneo all’idea di prodotto che si vuole sviluppare.
Come primissimo passo farei qualche considerazione termodinamica sulla trasmissione del calore.
A prescindere da come è creato, il calore si trasmette in 3 modi: conduzione, convezione, irraggiamento.
CONDUZIONE
La conduzione è lo scambio di calore tra 2 corpi con diversa temperatura, posti a contatto tra di loro.
Nel nostro caso, il corpo freddo è la pizza e quello caldo è la superficie su cui viene posta in cottura.
CONVEZIONE
Spiegato in una frase: è il circolo di aria calda.
Nello specifico: una fonte di calore a contatto con un fluido (nel nostro caso l’aria presente nel forno) accresce la temperatura di quest’ultimo grazie al fenomeno di conduzione. In conseguenza di ciò il fluido, l’aria, si espande diminuendo la propria densità rispetto alla parte distante dalla fonte di calore. Per effetto del principio di Archimede, la parte di fluido meno densa si sposta verso l’alto e quella più densa verso il basso, generando i moti convettivi.
IRRAGGIAMENTO
E’ il trasferimento di energia tra 2 corpi per mezzo di onde elettromagnetiche.
A differenza delle 2 forme di trasmissione viste prima, in questo caso non è necessario nessun contatto: l’oscillazione del campo elettrico e magnetico, che generano l’irraggiamento, può avvenire anche nel vuoto.
Il puntatore laser, per esempio, misura la temperatura valutando l’irraggiamento del solido su cui è puntato, anche a grande distanza.
Il corretto bilancio calorico tra questi 3 metodi di trasmissione del calore, contribuirà alla qualità del prodotto finale.
In linea con quanto appena visto, si evince l’importanza che rivestono la forma del forno e le modalità con cui esso scambia l’aria con l’ambiente esterno.
COSTRUTTORI ITALIANI vs COSTRUTTORI STATUNITENSI
Un elemento che ho visto spesso trascurato fuori dai confini italiani è l’ottimizzazione per la cottura.
Mentre i costruttori italiani si sforzano di creare forni ad alte performance, studiando forme atte a mantenere il calore, con bocche di infornamento dimensionate per ridurre al minimo le dispersioni, con tinte di colore scure all’interno del forno per aumentarne l’efficienza (sì, perché anche quello conta!). Molti costruttori esteri, ma soprattutto americani, sono più concentrati su altri aspetti, molto legati all’estetica piuttosto che alla funzionalità. I forni statunitensi per pizza son spesso caratterizzati da bocche di infornamento piuttosto grandi e colori interni chiari risaltati da svariate fiamme di gas, posizionate nei punti più in vista dell’interno del forno. Non a caso, nei vari progetti per pizzerie che ho visto in Nord America, la scelta degli architetti ricade per la maggiore su quest’ultima tipologia di forni, dal design accattivante.
La differenza di focus tra il produttore di forni medio italiano e quello statunitense è ovvia e scaturisce da varie motivazioni. Il costo di elettricità e gas in Italia è un dato che fa parecchio peso sui costi di gestione, mentre in America sia elettricità sia gas sono molto economici. In Italia, per un discorso storico e culturale, si parte dal prodotto e le attrezzature son costruite attorno a questo. Sul lato americano è facile vedere che il focus è sul marketing e presentazione, mentre attorno a questi si costruisce il prodotto.
Ecco perché i forni italiani sono a cupola, internamente liscia e costruita per rifrangere il calore, proveniente da un’unica fonte, sulla base di cottura. Forni realizzati con materiali studiati, unici al mondo, con parecchi strati di isolante. Pensa ai forni, Acunto, a Stefano Ferrara, a Valoriani etc…
I forni americani, invece, hanno cupole interne angolate, tipo Woodstone, Earthstone etc… e spesso necessitano di un’ulteriore bruciatore sotto la base di cottura, per supportare la temperatura. Questo tipo di forni accendono idee brillanti nelle menti dei “restaurant designers”, ma agli occhi del pizzaiolo artigiano, vecchio stampo, paiono poco più che caminetti. Solo recentemente, la nuova generazione di pizzaioli emergenti, inizia ad abbracciarne certi aspetti positivi, che indubbiamente ci sono e li elencherò in sede opportuna.
Io ho iniziato la mia carriera nel forno a legna di mio zio, nel suo ristorante a San Pellegrino, sperimentando, poi, diversi tipi di cotture in altri forni simili.
In Australia ho lavorato principalmente con forni elettrici di ogni tipo: aperti, con lo sportello, o a tunnel. Trovando forni a legna solo nei ristoranti gestiti da immigrati italiani.
In Tailandia i forni a legna erano per la maggiore, ed anche lì la gestione era in mano ad italiani.
In Inghilterra, a Londra, ho notato una grande presenza di forni a legna, ma gas ed elettrici comunque in crescita un po’ ovunque.
In Canada, da dove sto scrivendo tuttora, il forno a gas la fa da padrone, coi marchi statunitensi che hanno monopolizzato il mercato. Devo però dire che parecchi produttori italiani si stanno difendendo bene e la tecnologia che si sta creando a supporto dei forni elettrici credo ne porterà ad una larghissima diffusione negli anni a venire.
L’abbandono dell’uso del forno a legna, in Nord America, è spinto soprattutto dal meccanismo burocratico che ha inasprito l’erogazione delle licenze per questo tipo di forni, giudicati troppo inquinanti, soprattutto nei centri urbani.
Ora che le premesse sono state buttate, posso entrare nel dettaglio delle tre tipologie di forno, che, elencate in ordine cronologico, sono: legna, gas, elettrico.
Ne parlerò nei post dei prossimi giorni.

Flaminio Ferrari.
Si trova nel parco adiacente all’Italian Cultural Center di Vancouver