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Forno a Legna

premessa

Quando valuti se una data tipologia di forno sia adatta alle tue esigenze, tieni sempre a mente la dinamica di cottura della pizza, che avviene, secondo quanto già espresso, nel mio post precedente, in 3 modi:
irraggiamento dall’alto
conduzione dalla platea
convezione, all’interno dell’alveolatura dell’impasto.

Combustione

L’uso della legna per la produzione del calore affonda le sue radici nella storia dell’umanità. Come è logico pensare, questo fu il primo combustibile usato per creare fiamma e cuocere alimenti.

Benché la diatriba sull’uso della legna sia ancora molto accesa, questo sistema di cottura sembra resistere a critiche e leggi avverse. Ricercato sia dai pizzaioli promotori della verace napoletana, sia dai clienti che, in un mondo dove tutto si sta industrializzando, prediligono ancora il buon vecchio metodo artigianale di fare le cose.

in foto, un forno a legna Valoriani

In questa combustione la legna è il combustibile e l’ossigeno è il comburente. La bocca d’entrata del forno garantisce l’interazione di entrambi per creare la fiamma che ha lo scopo di produrre il calore, ma anche quello di fare luce all’interno per controllare le cotture. La pizza, specialmente la napoletana, è cotta “a vista”, cioè il pizzaiolo decide il livello di cottura controllando ogni aspetto del prodotto durante la cottura: non si affida al timer, ma all’esperienza.
Il pizzaiolo è l’esempio emblematico di quello che in inglese ho definito “bake theorist”, cioè la persona che utilizza i suoi sensi (vista, udito, olfatto, tatto) nella panificazione, piuttosto che seguire pedissequamente le regole ferree di un manuale. La combustione genera il nerofumo o nero di carbonio, più comunemente chiamato fuliggine (in inglese il termine tecnico è soot). Questo particolato nanometrico (in parole povere, polvere nera) è principalmente costituito da carbonio incombusto, con tracce di altri composti, ed è il sottoprodotto creato dalla combustione di una qualsiasi sostanza organica.
La fuliggine è indubbiamente dannosa, sia per l’ambiente che per il nostro apparato respiratorio e digerente. Ora la domanda è: quanta ne finisce sulla pizza? E la risposta, come sempre è, dipende.
Ricordo un servizio giornalistico in Italia che fu fatto da “Report”, in cui la giornalista ci andava giù pesante, trovando solo lati negativi dei forni per pizza a legna, con tanto di video che riprendeva il fumo nero che ricopriva la volta del forno ed il pizzaiolo che alzava la pizza al cielo tra i fumi. Ricordo, però, anche la risposta dell’associazione Verace di pizza napoletana (AVPN), che aveva chiarito certi punti.

Vorrei condividere, in breve, la presa di coscienza del problema da parte dell’associazione di pizzaioli e la loro risposta alle accuse.
Come in ogni cosa tutto sta al modus operandi dell’artigiano.
Di seguito elenco gli elementi che condizionano la cottura, il gusto e solubrità del prodotto.

CARBURANTE

Logicamente, il tipo di legna è la prima cosa che mi viene in mente da considerare.
Ricordo un altro servizio giornalistico che aveva scovato panifici abusivi, i quali usavano della vecchia mobilia per mantenere il fuoco nei loro forni. C’erano porte verniciate, cassetti, finanche pezzi di bare. Ovviamente quando si usano certi carburanti, la percentuale di sottoprodotti negativi della combustione schizza alle stelle.
La legna usata deve essere di faggio o di quercia, con una stagionatura minima di 6 mesi, con relativa certificazione che ne attesta l’assenza di solventi e, come accade per il cibo, un numero di lotto al fine di poter tracciare il prodotto fino all’origine.
Oggigiorno ci sono produttori italiani che realizzano dei tronchetti di legno compresso, approvati HACCP, per la combustione in forni a legna per pizza. Questo carburante ha una bassa produzione di fumi e ceneri. A Londra, in UK, la catena di pizzerie napoletane Franco Manca, importa questo prodotto dall’Italia, per usarlo nei propri forni.
Depuratori di fumi, filtri, assenza dell’uso di solventi durante l’accensione del forno… tutte queste accortezza devono essere seguite con scrupolo dal pizzaiolo.

FARINA SULLA PIZZA

La verace napoletana cuoce ad una temperatura superiore ai 400°C, eventuali residui di farina sull’impasto carbonizzano quasi all’istante a contatto della platea, creando combustione e tutti i sottoprodotti negativi ad essa collegati. Molto importante è scrollare la farina in eccesso dal disco di impasto prima di procedere con la farcitura.

PULIZIA PLATEA

La pulizia della platea è importante e va fatta con uno straccio inumidito con acqua bollente. Usare uno straccio imbevuto di acqua fredda creerebbe una escursione termica con la pietra del forno, rischiandone la rottura. Il cielo del forno va altresì pulito: col tempo la fuliggine continua a depositarsi. In teoria, al riaccendere della fiamma il giorno dopo, la fuliggine viene bruciata, ma capita spesso che nei lati si creino residui che poi si staccano a blocchi scuri all’aumentare della temperatura durante il lavoro.
All’inizio della giornata lavorativa, il fuoco va acceso al centro del forno, senza l’uso di solventi, ma solo con carta e legna. Poi va spostato su un lato. Inizialmente la fiamma è scura, così come la volta del forno, poi quando il forno raggiunge la temperatura di cottura, le sue pietre all’interno si schiariscono ed il fumo diventa pressoché invisibile. Questo è il momento migliore per cuocere.

SOLLEVARE LA PIZZA NEI FUMI

Per esigenze di cottura è necessario in certi casi sollevare la pizza al cielo del forno, per finire la cottura degli ingredienti posti sopra. La stessa associazione di pizza napoletana si dissocia dal farlo quando la camera è pervasa dal nerofumo, la pizza tenderebbe ad affumicarsi, prendendo anche le sostanze dannose presenti nei fumi.
Questo fenomeno del fumo nero nel forno durante il servizio accade quando il forno è sceso in temperatura e il pizzaiolo aggiunge nuova legna. Appena la nuova legna inizia a sprigionare un nuovo forte calore e di conseguenza la temperatura riprende a salire repentinamente, si creano alcuni minuti in cui il cielo del forno è oscurato. Rggiunta la temperatura di cottura, tutto torna a schiarirsi.

Come si può ben notare, l’utilizzo della legna comporta un gran lavoro da parte del pizzaiolo ed una buona conoscenza delle metodiche da seguire nel rispetto del prodotto che deve mettere sul piatto. Se tutto è fatto a regola d’arte, questa è probabilmente la miglior pizza che tu possa mangiare!

Già che ci siamo, 2 parole sulla cottura, che è identica anche per il forno a gas.

I PASSI DELLA COTTURA

Dopo aver infornato una pizza, quest’ultima inizia istantaneamente ad assorbire calore dalla superficie della piastra su cui poggia, determinando una riduzione di temperatura circoscritta a quell’area. Nello stesso istante l’irraggiamento che stava riscaldando quell’area è interrotto, ed il calore rifranto dalla cupola interna del forno, ora è dedicato a cuocere la parte superiore della pizza, invece che la platea. Questo il motivo per cui il tipo di materiale su cui si va a cuocere è di grande importanza. Ho trattato questo argomento parlando del Biscotto di Sorrento e della pietra refrattaria.
Se la platea non è dotata di una buona carica di energia termica, si rischia di non riuscire a cuocere la base della pizza; di contro, se la base è troppo calda, si rischia di bruciare istantaneamente l’impasto a contatto con la pietra.
Nel primo caso la cottura è ultimata spostando ripetutamente la pizza in diverse aree del forno, al fine di “catturare” il calore di altre zone. Nel secondo caso, si muove la pizza sul palino e si finisce di cuocere evitando il contatto con la platea.

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