Detroit style pizza

Pizza Detroit Style, storia italiana

Lo so che leggendo il titolo, già pensi a qualche americanata. …E come darti torto?!.
Ma come ci insegnano fin da piccoli: il libro non si giudica dalla copertina, forse nemmeno dal titolo.
Quindi, benché il titolo “Pizza Detroit Style” faccia pensare a qualche stupro culinario esterofilo, su di un emblematico piatto italiano. La realtà è che abbiamo fatto tutto noi, anche stavolta. Come già accaduto per la pizza stile new york, agli albori del XX secolo..

Gli americano, spesso, solo assistono, alla cibolution degli chef italiani.

La pizza Detroit style è un colpo di genio di Cibolution, nato dalla mente creativa di un figlio di migranti italiani.
Come leggerai: lo zampino della moglie (anzi, della suocera) fu la scintilla iniziale!

La pizza Detroit style, fu inventata da Gus Guerra, nel suo bar Buddy’s Rendezvous, locale tutt’oggi in business. Buddy’s aprì verso il 1940, ma la pizza fu aggiunta nel 1946. Creata da una Cibolution della pizza in teglia, conosciuta come siciliana.

La storia

migranti italiani

Secondo le mie ricerche, parecchi italiani iniziarono a stabilirsi in Michigan dal 1700, iniziando un processo migratorio massiccio anche per gli anni a venire. Detroit a quel tempo era la capitale, e lo rimase fino al 1847, quando Lancing ne prese il posto.
La città di Detroit era un comodo punto di arrivo: da lì, la maggior parte dei migranti si spostava verso nord, per lavorare nelle miniere.

città di Detroit
Squarcio sulla città di Detroit

Tra gli italiani che si stabilirono in città, c’era chi veniva assunto nell’industria. Soprattutto quella automobilistica, estremamente fiorente in quegli anni. C’era chi si metteva in proprio, lavorando in qualche campo dell’artigianato. Poi, come ovunque, chi apriva una attività nel campo della ristorazione.
Tra questi ultimi c’era Gus Guerra, che, con la moglie Anna, aprì un bar: “Buddy’s Rendezvous”.

Il bar di Gus e della moglie Anna

Proprio così: un bar.

Inizialmente Gus non aveva la benché minima intenzione di avere un ristorante. Successe però che il business non stava dando grandi gratificazioni, nonostante la favorevole situazione economica del paese. L’industria bellica stava lavorando a pieno regime. Tant’è che molte donne ricoprivano mansioni maschili, per sopperire alla mancanza di lavoratori, impegnati sul fronte.

La madre di Anna: la signora Passalacqua. Purtroppo non ne conosco il nome, non credo sia riportato da nessuna parte.
…Dicevo: la cognata di Gus, allungò a quest’ultimo una ricetta di famiglia. Una ricetta per una pizza Siciliana. In teglia. Suggerendo che il solo bar non avrebbe portato a nessun profitto. Quello che serviva alla città di Detroit era del cibo. Cibo serio e sostanzioso. Qualcosa ben intriso di carboidrati, indispensabili per gente che passava ore in fabbrica!!

L’ingrediente segreto

Sembra che Gus non avesse grande dimestichezza col cibo. Per questo motivo non aveva preconcetti “limitanti”.

Devo dirti: credo che questo possa essere una grande fortuna, in certi casi. Più nozioni hai in merito a qualcosa e più hai forgiato una credenza su quel qualcosa. Non ti sposti più di tanto. Le cose devono accadere all’interno della zona a te confortevole.
Se quello a te confortevole è trendy (va di moda), allora hai successo. Se non lo è, non raggiungi i risultati sperati, senza nemmeno sapere il perché.

D’altro canto, Gus era come un bambino che si trovava a dover sperimentare una novità.
E cosa fa il bambino? Si alza in piedi, fa 2 passi e cade.
Si rialza: stavolta ne fa 3 e cade. Ma cade meglio. Cade meno. Cammina.

Gus aveva la ricetta della cognata tra le mani. La poteva sperimentare, ma gli mancava l’ingrediente segreto.
Nel suo caso, l’ingrediente segreto non era qualcosa che si mangia:

Dove caspita la trovi una teglia da cucina, in una città che principalmente produce armamenti bellici, automobili, strade, ponti, macchinari per lavorare nelle miniere… ??

La teglia rivoluzionaria

Un operaio che lavorava nell’industria automobilistica, servì sul piatto d’argento la soluzione ai problemi di Gus. Anzi, direi che servì sulla teglia in metallo.
L’operaio portò a Gus un contenitore metallico, bello pesante, che veniva usato per pulire l’olio da certi attrezzi. Quest’ultimi erano riposti nel contenitore e, a sua volta, questo veniva messo in forni industriali. Lì, altissime temperature generate dalla combustione di gas, carbonizzavano l’olio e ripulivano i metalli.
Di quei contenitori, a Detroit, ce ne erano ovunque. Sarebbe stato fantastico, ed economico, poterli utilizzare.

Non restava che fare una prova…

Il contenitore era pesante. Spesso. Inadatto a cuocere una pizza. Effettivamente era stato concepito per entrare in potenti bruciatori!!
Qualcuno avrebbe scartato l’idea fin da subito.
Ma cosa accadrebbe, se invece di adattare la teglia al prodotto, adattassimo il prodotto alla teglia. Gus poteva farlo!!: era un neofita. Non credo avesse, all’inizio, una chiara idea del prodotto che doveva uscire.

Steso l’impasto nella pseudo-teglia, il tocco innovativo di Gus Guerra fu di inondarlo di formaggio, facendolo arrivare fino alle pareti della teglia: parecchio più alta di quelle solitamente usate in cucina.

Se ci pensi, questa scelta è geniale. Il contenitore è spesso: se entra in un forno che eroga uniforme calore da tutti i lati, si corre il rischio che la superficie del prodotto si bruci, mentre la base non cuocia.

Ma cosa accade se se triplichi il quantitativo di formaggio in superficie??. Questo scioglie e si abbrustolisce. Proteggendo l’impasto dal bruciare. L’olio del formaggio esce e frigge sui bordi. Mentre la base della teglia ha tempo di arrivare a temperatura e cuocere l’impasto.
La cottura si bilancia. Il formaggio non fonde, ma tosta e diventa croccante!

Detroit style pizza formaggio abbrustolito sulla crosta

Risultato

Uscì una pizza con un importante spessore. Un Perimetro fatto di formaggio abbrustolito, che si ergeva verso l’alto come una corona. Fette di salamella (in Americano chiamate “pepperoni”) incurvate per via della lunga cottura in forno; salsa di pomodoro, calda, che Gus decise di aggiungere a fine cottura, in linee oblique parallele, a decorare il rettangolo formaggioso.

Geniale anche l’idea della salsa, calda, alla fine. Preparata facendo una riduzione di pomodoro. In questo modo non si ha eccessivo liquido intrappolato sotto la crosta di formaggio. Il tocco di pomodoro a fine cottura è il motivo per cui, soavemente, La pizza Detroit style è anche chiamata Red Top.
Altra nota di merito nel mettere la salsa alla fine:
essendoci così tanto formaggio, il sapore diventa intenso e deciso; Il pomodoro viene condito, ma con poco sale, rimanendo dolciastro con una punta acidula. Questo bilancia il forte sapore del formaggio che crocchia sotto la soffice riduzione di pomodoro.

pizza Detroit style, stile Giuseppe Cortinovis
pizza Detroit style. Red Top.

Era nata la pizza Detroit style. Con essa, il decollo del fatturato di Buddy’s Rendezvous, che ora aveva un menu da pizzeria.

L’arte imprenditoriale di mettere insieme i pezzi

La storia di Gus mi ricorda un aneddoto inerente Henry Ford. Tra l’altro: uno che aveva bazzicato in quel di Detroit, fino a poco tempo prima.

Henry Ford imprenditore Detroit

Un giorno Ford portò in causa la testata giornalistica “Chicago Tribune”, accusandola di averlo definito un anarchico ignorante. Di fronte al giudice, l’avvocato difensore del giornale, volle dimostrare che Ford davvero era ignorante. A parer suo, non conosceva le basi della storia americana. Ford si offrì di rispondere a qualsiasi domanda nel suo ufficio. Luogo dove poteva trovare ogni riposta contattando i suoi collaboratori. La morale è che lui era al corrente di non sapere le risposte, ma sapeva come trovarle.

Gus è l’esempio dell’imprenditore di successo. Non importa cosa fa: lui mette insieme i pezzi del puzzle.

In breve:
Con la moglie apre il bar.
Poi la cognata gli porge la ricetta.
L’operaio gli passa la teglia.
Lui fai 1+1, e ne esce con la pizza Detroit style.

E’ capitato che quest’uomo facesse una pizza. La pizza Detroit style.
Se avesse lavorato nell’industria automobilistica, avrebbe scritto qualche altro pezzo di Storia. Solo unendo i punti.

Visto che ho accennato Ford, concludo con una sua citazione, che un po’ credo si sposi con la storia della pizza Detroit Style.

Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo.”

Le teglie per pizza Detroit style, in Italia

In Canada uso teglie per Detroit pizza prodotte negli Stati Uniti. La miglior marca che conosco è LloydPans Kitchenware, compagnia con sede in Washington DC. Precisamente nella cittadina di Spokane.

Il vantaggio che hanno queste teglie rispetto alle famose “ferro blu” usate in Italia è la semplicità di utilizzo. Le teglie in ferro blu richiedono una certa cura, sia prima dell’utilizzo, sia durante la loro vita. Sono facili a prendere la ruggine se non propriamente trattate. Le teglie per pizza Detroit style son più leggere, con ottime capacità antiaderenti e necessitano meno manutenzione.

Per quanto ne so, nessuno le produce in Italia, per cui se ne vuoi acquistare una, il miglior modo è su Amazon. Ti lascio il link per verificare il prodotto.

Il costo di queste teglie è piuttosto importante. Comprandole in USA si risparmia qualcosa, ma non granché. Credo che su questo articolo la LloydPans abbia una sorta di monopolio.
Sì, ci son altri produttori che cercano di fare qualcosa simile, ma son ancora ben lontani dal raggiungere il leader di mercato.

La miglior pizza Detroit style che conosco

Ho provato qua e là qualche pizza Detroit style, ma tra tutte ce ne è una che mi ha veramente stupito.
Ti dico subito che non sono ancora stato a Detroit, per cui potrei smentirmi in futuro. E’ come se parli di pizza napoletana e non sei mai stato a Napoli!!

Effettivamente, il posto di cui ti parlo non fa una verace Detroit. Ma la considererei una cibolution.

La pizza Detroit style era stata pensata per lavoratori di cantiere. Gente che si spaccava il c*** da mattino a sera, in un contesto in cui la manodopera era fortemente richiesta. Quel prodotto aveva un senso ed un perché, in quel contesto.

Oggigiorno la pizza style Detroit sta assumendo caratteristiche più elitarie. Gli ingredienti che ci vanno sopra son più ricercati e la clientela forse, un po’ diversa.

La mia esperienza più soddisfacente di pizza Detroit style è stata nel locale Descendant, a Toronto. Posto caratteristico, con murales dipinti all’interno. Colori sgargianti, tavoli in legno e sedie in metallo.
Direi, un interior creato per giovani skateboarders, figli di papà.
Pizza non certo a buon mercato, ma la qualità degli ingredienti usati giustifica il prezzo. Tempo di attesa: oltre i 30 minuti. La pizza viene stesa, farcita, infornata e rifinita su ordinazione. Se vuoi mangiare una pizza Detroit style fatta bene, devi esser disposto ad aspettare il tempo giusto. Ben più lungo dei 90 secondi di cottura necessari per una napoletana.

Se vuoi dare un’occhiata, ho accennato ad altri stili di pizza sul mio website in inglese.


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